Un te? No, grazie: un calice di vino!

Più di 500 sostanze derivanti dai processi di fermentazione, composto da circa il 70% di
acqua, da glucosio e fruttosio (circa 5/6 gr in 100 gr di uva), acido malico-tartarico-citrico, sali
minerali (rame, magnesio fosforo, ferro, potassio, calcio, zinco) vitamine (C, B, niacine), fibre
solubili (pectine) e insolubili (cellulosa), sostanze antiossidanti (antociani), acidi grassi
polinsaturi, acido linoleico, omega 6…
Ormai non dobbiamo più ripetere che il vino è un alimento ed in quanto tale può (deve)
essere apprezzato non solo per la storia contenuta in sé stesso, che già di per sé è una bella
storia, ma anche per le qualità salutistiche se non si eccede. Combatte i radicali liberi,
previene l’arteriosclerosi abbassando il colesterolo cattivo, ha effetto positivo preventivo in
alcune malattie neurologiche come l’ictus ischemico, la demenza senile e l’Alzheimer e potrei
continuare sui benefici ben noti a tutti così come per i danni creati in funzione del consumo
eccessivo.
Questo è il vino, in parte, e la domanda che più mi irrita è: come lo abbini? Con niente, bevilo a
solo (e magari da solo e in assoluto silenzio!). Con cosa abbinare questo o quel vino? Dopo
questa elencazione di complessità della bevanda degli Dei come è pensabile creare un
matrimonio perfetto con un mondo ugualmente complesso, se non di più, che è il cibo, ma
soprattutto come è pensabile non creare un tête-à-tête sensoriale con un liquido dalla forte
personalità che provoca emozioni ineguagliabili. Tannini che restringono le mucose del cavo
orale grazie alla reazione con una proteina contenuta nella saliva, la mucina, che si inattiva
lasciando la bocca priva di lubricante (eppure abbiamo un liquido in bocca!); l’acido malico
che contribuisce alla secchezza inibendo la secrezione salivare; l’acido tartarico, regolatore
dell’acidità, che conferisce un aroma particolare al vino; nel palato si scatenano attività
complesse che devono essere vissute senza interferenze, con “il gusto di quello che è” e nella
piena consapevolezza di essere concentrati e presenti a sé stessi nell’atto del consumo,
sensorialmente parlando.
Come pensare di poter godere degli aspetti olfattivi di un vino quando sulla forchetta abbiamo
l’intervento trasversale di un flavour magari persistente ed incidente su quello che sarà il
sorso successivo?
Tutto vira. Ecco cosa succede, l’interazione tra i gusti avviene a due livelli: della bocca
(interazioni periferica attraverso l’inibizione del gusto) o del cervello (interazioni cognitive,
attraverso l’inibizione della percezione). Quindi è possibile che uno o più composti
interferiscano tra loro per le cellule recettoriali o inibiscano il relativo meccanismo di
trasduzione del segnale. Questo processo non avviene solo tra le molecole responsabili del
gusto ma anche tra le molecole del gusto e degli aromi, come dire che non si può valutare un
buon calice di vino senza interferenza tra gli abbinamenti.
L’argomento pone maggiore attenzione tra i vini di fascia alta, meritano rispetto,
l’accompagnamento lasciamolo alle fasce medio basse rischiando di invertire il teorema,
attenzione a non rovinare il buon cibo.
Io come abbino il vino?
Con un tramonto rosso, con una bella compagnia, con un caldo sottofondo musicale, con il mio
libro preferito. In uno: con un’emozione. Come è d’uso nelle popolazioni senza la nostra
tradizione enologica millenaria, se vogliamo adeguare al meglio il consumo relativamente ad
ogni singolo prodotto per meglio valorizzarlo, sia sotto il punto di vista sensoriale che quello
emozionale, impariamo a bere il vino all’ora del tè.
Michele Armano
Esperto di Analisi Sensoriale